mercoledì 21 luglio 2010

..l’archivio dunque...

La soria di Fausto e Iaio e la telefonata in diretta di Danila Tinelli, mamma di Fausto, è solo delle tante fonti dirette e non ufficiali, introvabili altrove che fanno parte dell’archivio e della storia di questa Radio Popolare.

E’ un archivio quello della radio, sui generis in cui si possono trovare racconti e interviste, reportage e proteste, rumori, introspezioni personali e manifestazioni collettive. Radio popolare è stata testimone privilegiata di grandi mutamenti sociali, politici, culturali: dai microfoni della radio sono passati molti protagonisti della vita locale (Milano e Lombardia), nazionale e internazionale…molte le voci e molti i rumori dunque: dalla crisi delle grandi fabbriche alle mobilitazioni pacifiste, dai giovani stroncati dall’eroina alla parabola del ‘leghismo’, dalla lotta armata ai grandi concerti, dai flussi migratori a Mani Pulite, dalla teologia della liberazione ai carri armati in Piazza Tien An Men.

Alcune storiche registrazioni sono già state digitalizzate e si trovano sul sito di radio popolare:

http://www.radiopopolare.it/archivio

....la storia che non si dimentica...


Quella di Fausto e Iaio è una storia ripetutasi troppe volte in quegli anni di tregenda. Una storia che suona di antico e di conosciuto: uno scenario inquietante, una violenza inaudita, ma senza colpevoli e verità. Nel popolare quartiere milanese di via Mancinelli, con le case a ringhiera, le strade strette e buie, il 18 marzo 1978, Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci furono affrontati da un commando di tre killer e uccisi a pochi passi dal Centro sociale Leoncavallo. Quella sera la notizia si diffonde attraverso le radio libere. Sono le 21.17 quando Radio Popolare dava in diretta la notizia:

“[RP] Radio Popolare, sono le ventuno e diciassette. Interrompiamo le trasmissioni per una notizia che ci è appena arrivata. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due giovani di diciannove anni sono stati uccisi questa sera in via Mancinelli, dietro al Centro sociale Leoncavallo, dove doveva tenersi un concerto blues. I due stavano andando a questo concerto. I due compagni sono stati inseguiti da tre individui. Sono stati uccisi a colpi di pistola. I loro corpi sono ancora per terra. Il corpo di Fausto è stato trasportato in ospedale, ma è morto durante il trasporto. Vi terremo aggiornati man mano che le notizie ci arrivano. Adesso ci ha telefonato un corrispondente che ci ha detto che in via Mancinelli si sono raccolte moltissime persone. Per chi si fosse messo in ascolto adesso ripetiamo la notizia: sono due compagni Fausto Tinellie Lorenzo Jannucci di diciannove anni. Sono stati uccisi questa sera in via Mancinelli, dietro al centro sociale Leoncavallo. Vi terremo aggiornati man mano che le notizie ci arrivano” (Archivio “Radio Popolare”, registrazione cod._2145, del 18 marzo 1978)

E all’una e cinquantuno di quella stessa notte ancora un’altra telefonata, quella di Danila la madre di Fausto:

“[Daniela] Pronto? Sono la mamma di Fausto Tinelli.

[RP] Buonasera signora.

[Daniela] Buonasera. Senta, io volevo smentire certe cose che sentivo che dicevano, che mio figlio è nel mondo della droga […] Sono tutte calunnie che ci stanno mettendo addosso. Non ha mai fatto niente, e mai del male a nessuno. Non mangiava la carne per paura delle bestie, perché amava persino le bestie. Ma si può mettere delle calunnie addosso. Basta che ci sia povera gente e subito gli buttano calunnie addosso. Se una donna viene uccisa per strada, subito è una puttana. Capite? […] non, non voglio che vadano di mezzo degli altri ragazzi come mio figlio, voglio solo indagare i responsabili […] Voglio solo i killer di mio figlio. Quelli li voglio. Quelli dovete aiutarmi a trovarli. Capisci? Perché quelli li voglio fare fuori da sola»”.





...ma libera veramente.....


Radio Popolare, Radio Alice, Radio Aut: vite diverse, stili distanti, identica capacità di incidere profondamente sul tradizionale modo di intendere la radio. Comune alle tre emittenti fu la convinzione di poter avviare in tempi brevi un processo che avrebbe cambiato il modo di comunicare dando finalmente voce a settori, sociali e politici, che troppo a lungo ne erano rimasti privi, partendo dall’idea che lo strumento radiofonico avesse in sé già tutte le potenzialità per farlo, potenzialità che non erano state messe completamente in atto dal modello radiofonico egemone, ossia quello della Rai. Nell’attuare questo progetto, le tre radio seguirono strade diverse, nel confronto, infatti, si rivelano meno parallelismi che differenze.

Radio Popolare si definì, fin dagli esordi, una “radio di servizio a vocazione informativa”, ma con la pretesa di elaborare una nuova “politica dell’informazione”, declinando in questo modo la sua esperienza su una modificazione profonda dei vecchi e consolidati modi di fare giornalismo e informazione radiofonica: cambiò l’organizzazione del lavoro, si rimodellarono i profili professionali, cambiarono i rapporti tra redazione e proprietà, lo stesso prodotto giornalistico si modificò con riflessioni adeguate sulla sua destinazione sociale, non tanto per migliorare genericamente l’informazione, ma per rispondere adeguatamente ai bisogni di accesso e pluralismo.

Nasce, formalmente, nel dicembre 1975, quando è registrata la testata presso il tribunale di Milano. Ma per ascoltare le prime trasmissioni bisognerà attendere l’estate dell’anno successivo. Incomincia a trasmettere dalle frequenze di Radio Milano Centrale di Luzzatto Fegiz, ma in brevissimo tempo si impossessa sia della frequenza sia di un cospicuo numero di giornalisti. Il passaggio avviene definitivamente nell’autunno del ’76. Il gruppo redazionale è composto da giornalisti e futuri giornalisti, come Paolo Hutter, Ivan Berni, Biagio Longo, Bruna Miorelli, Lapo Berti, Federico Pedrocchi, Roberto Briglia, Michele Cucuzza, e soprattutto giovani, non professionisti, alcuni senza verità in tasca altri portatori delle verità dei diversi segmenti di movimenti e dunque diverse tra loro.

Sono tante le questioni doverosamente registrate, investigate e commentate da Radio Popolare: il tempo libero e la difficoltà di viverlo nei quartieri periferici di Milano; e dalle periferie urbane alle inchieste sul futuro per sondare aspirazioni e prospettive dei giovani su temi come il lavoro, il matrimonio, la casa; ci sono finanche inchieste sulla diffusione dei primi video games. Tra inchieste, dibattiti e microfoni aperti c’è tutto un mondo giovanile chiamato a fornire una rappresentazione alle proprie emozioni, aspirazioni e identità. La radio si è dimostrata così luogo perfetto per tracciare le geografie di un cambiamento tra i giovani. Ha lasciato tracce precise del passato, ha reso inesorabilmente il passare del tempo e il sedimento degli anni nelle voci di tanti ragazzi e ragazze. Di quell’universo, Radio Popolare ha saputo cogliere e restituire le passioni ideali nonché gli aspetti per così dire “materiali” e al contempo “post - ideologici”. Ma a parte questi affondo tra le voci e le storie dei giovani e giovanissimi della fine del decennio Settanta, ciò che con questo materiale audio si è cercato di far emergere è un modo di essere di Radio Popolare. E in primo luogo la sua disponibilità fuoriuscire dai rigidi steccati di “popolo di sinistra” e riuscendo a svelare e andare a fondo su vicende anche “estranee” al proprio bacino di formazione trasformando lo strumento radiofonico in una assemblea aperta, un momento collettivo, un atto di riflessione talvolta con puntate nella vera e propria autocoscienza.



domenica 18 luglio 2010

...Ripensando al periodo dei ’60/’70...


Proseguendo il percorso iniziato c’è da dire, o meglio ribadire, che il boom delle stazioni radiofoniche cosiddette democratiche si ebbe nel periodo compreso tra il 1975 e il 1977. Questo fenomeno ebbe la capacità di diffondersi in contesti politico-culturali e in ambiti sociali anche molto diversi: le emittenti spuntarono numerose al Nord come al Sud, nei capoluoghi come nei piccolissimi paesini di provincia, in città come in periferia; furono ideate da gruppi, associazioni, circoli, collettivi o da singole persone di cui furono espressione e si resero da subito autonome e indipendenti da sigle e bandiere; nacquero dall’impegno concreto e si ressero sull’ascolto costante di giovani, donne, operai e studenti. E in questi contesti che maturarono idee, valori, motivazioni, e obiettivi a volte in accordo, talora molto dissonanti. Nacquero dall’urgenza di partecipazione che spinse molti giovani e meno giovani a porsi dietro ai microfoni di piccole stazioni radiofoniche.
I giovani si animarono di uno spirito e una tensione nuova che li portò via via ad acquisire una propria e ben definita identità sociale. La musica divenne tra i segni distintivi di questo passaggio che non è azzardato definire epocale: “la musica come veicolo per esprimere se stessi a livello psicologico, sociale e politico”; la musica che come ha scritto Stefano Pivato (nel libro La storia leggera. L’uso pubblico della storia nella canzone italiana) “non solo esprimeva il «disagio giovanile» ma, soprattutto, accompagnava il conflitto generazionale che separava il mondo degli adulti da quello dei giovani”. All’inizio ci fu il rock and roll, non certo solo come genere, ma per la sua capacità di “imporre la musica come veicolo privilegiato dell’identità giovanile”. Poi ci fu la musica pop, quella dei Beatles e dei Rolling Stones, e la musica folck di Bob Dylan e Joan Beaz e insieme, in Italia, la florida stagione dei cantautori.
E la radio? “La radio seguì con affanno le dimensioni straripanti del fenomeno collettivo”, scrive Giovanni Isola (si veda il suo libro ‘I Transitors del cambiamento’) e poi aggiunge, “un pubblico, quello giovanile, che la Rai prima ignorò, poi blandì in un diluvio di «musica nera» e poi rincorse, prima di perderlo a vantaggio delle meno complesse e ufficiali radio commerciali nella seconda metà degli anni Settanta”.


mercoledì 7 luglio 2010

...la storia, la memoria, l’Italia e la radio...


Questa è la voce di Peppino Impastato e quello che sentite è un piccolo estratto della trasmissione Onda Pazza, che lo stesso Impastato conduceva dalla piccola sede di Radio Aut a Cinisi..
Erano gli anni '70...ed allora in Italia nascevano le radio libere...o antenne democratiche. Le definirono radio politiche, indipendenti e di contro informazione. Alcune erano autofinanziate altre, invece, erano economicamente rette da partite e gruppi politici.
Ma gli anni ’70 rappresentano anche un periodo fecondo dal punto di vista dell’interesse storico verso i mezzi di comunicazione di massa (si veda il libro di Peppino Ortoleva, Linguaggi culturali via etere) radio inclusa ovviamente.
La radio diventa in quegli anni strumento di e per fare informazione, riuscendo così a raccontare una pagina, come quella degli anni ’70, rimasta buia ed oscura, un decennio difficile da capire e da interpretare. De Luna ben descrive il binomio tra ''storia della radio e storia attraverso la radio”: “radio e storia costituiscono i termini di un binomio complesso e suscettibile di almeno due interpretazioni, entrambe di profonda suggestione” – così argomenta lo storico piemontese – “da un lato la radio come protagonista e testimone degli eventi del nostro tempo, in grado di documentarli in presa diretta, restituirli allo storico nella loro più immediata concretezza; dall’altro la radio come mezzo per raccontare la storia, strumento di divulgazione dotato di un proprio linguaggio, di formule organizzative e di modelli di narrazione assolutamente originali”. (Si veda Giovanni De Luna, Radio e storia. il programma “Voci di guerra”, in “Passato e presente”, Anno X, n. 26, maggio-agosto 1991)...

Cos’è una radio...definizione dal web...

Secondo il web..una radio è:

La radio è la diffusione di contenuti sonori, fruibili in tempo reale o con un breve ritardo, ad utenti situati in aree geografiche predisposte da apposite reti per telecomunicazioni e dotati di specifici apparecchi elettrici o elettronici ed, eventualmente, impianti per telecomunicazioni.

Da un punto di vista sociologico la radio è uno dei mezzi di comunicazione di massa tra i più diffusi e apprezzati, senza conoscere le discussioni sul medium che invece incontra la televisione. Da un punto di vista tecnologico è invece un'applicazione delle telecomunicazioni.

Negli anni '20 inizia a concretizzarsi l'idea di diffondere contenuti sonori alle masse: nasce la radio come mezzo di comunicazione di massa. Il termine tecnico per una tale diffusione è broadcasting, tale termine sta infatti ad indicare una comunicazione unidirezionale da uno verso molti....

la definizione è lunga e forse anche noiosa...io qua, vorrei parlare di un altra radio e di un altra memoria....magari al prossimo post...

lunedì 5 luglio 2010

Ed infine...dalla O alla Z.....


O…come via Ollearo…ed il ricordo della prima volta che sono andata la dentro durante una riunione di redazione…seduta nel terrazzino aspettando di essere chiamata per un primo colloquio…non avrei mai pensato che quel posto, da quel giorno, avrebbe rappresentato per me qualcosa di molto di più che un semplice luogo di lavoro.

P come le parole, quelle delle lunghe interviste, fiumi di parole, denuncie, obiettivi e dichiarazioni…P come piazze, quelle piene, quelle del popolo sceso a manifestare…P pronto? La parola che non si dovrebbe mai dire in diretta telefonica ma che rientra, puntualmente, in uno dei danni che ho fatto nei tempi che furono…P come puntate all’interno di un palinsesto, all’interno di una radio…P come Popolare..radio popolare…

Q…come le quasi cifre che si danno..i grandi numeri che bisogna avere e che di solito per gli organizzatori sono sempre una cifra..per la questura invece tutt’altra roba…e la Q anche dei quindici minuti lo standard dei mini speciali che ho realizzato con molta fatica..tagliando registrazioni di giornate intere in una manciata di minuti…quindici per l’appunto…

R..come Rec…e la lucina rossa che si illumina…come registrazioni in studio, per strada…come rumori …come ricordi che vengono registrati, catalogati e archiviati…R come registratore..il fedele compagno delle mille avventure…

La S è una s di suoni…suoni che hanno un significato, un perché…che a volte diventano cornice..suoni di sottofondo, altre invece è l’attore principale del palcoscenico radiofonico, s come stampa..

T come tecnici..quelli che ho sempre disturbato…e che delle volte mi hanno salvato, files, computer, servizi…T come traccia che scorre a linee alte e basse… come tempo, quello che è categorico in una radio e che non si può sforare, come terremoto, quello dell’Aquila..potrò un domani dire io c’ero…ho contribuito, nel mio piccolo, a fare una sana informazione nel caos mediatico che questa catastrofe ha creato.

U come uscite…quelle delle conferenze stampa, delle interviste in loco, delle dirette…

La V la collego a termini apparentemente freddi come ‘Voice Recorder’, come Vegas (un programma di montaggio che ho imparato ad usare con non poche difficoltà…V come vergogna, o meglio imbarazzo ma inizia per I quindi non vale, provata durante le prime interviste…V come verità quella che cerco sempre nei miei servizi di mettere in luce, quella che cerco di capire ed infine V come VOCI…quelle della radio e per la radio…le voci che parlano, che raccontano, che denunciano, che trasportano l’ascoltare in un mondo a se stante…voci vive, vere….voci che a me hanno insegnato molto o forse sarebbe più corretto dire tutto…

Alla fine del nostro alfabeto c’è la Z…ed anche in questo mio alfabeto è chiuso da una Z …che mi fa pensare alle Zero …volume zero, puntata zero…